"All'epoca eravamo una ventina di operai ma quelli che mi ricordo io che lavoravano in galleria sono morti tutti."
Sono nato a Bagolino in provincia di Brescia nel 1934.
Ho cominciato a lavorare nella ditta Sigma di Storo che avevo 26 anni e sono rimasto lì per sei anni. Conoscevo un ragazzo che lavorava lì e mi ha detto di andare a presentarmi in ufficio che forse mi avrebbero preso, e così è stato.
Lavoravo alla teleferica: c'erano circa 2500 metri di cavo e lungo il quale erano fissate 25 cassette di circa 2 quintali ciascuna, che scendevano piene di barite e altrettante che salivano vuote. Si lavorava circa 10 ore al giorno, dalle 7:00 alle 19:00. e io facevo il manovratore e stavo in alto. All'inizio lavoravo sotto una tettoia ma poi per l'inverno ho chiesto di avere un riparo e mi sono costruito un baracchino con dentro una sfufa. Io stavo all'altezza di Faserno e a Pice c'era la mensa con il cuoco Antonio Festa e la casa per dormire. Stavo su tutta la settimana e dormivo nel cantiere. All'epoca eravamo una ventina di operai ma quelli che mi ricordo io che lavoravano in galleria sono morti tutti. Mi ricordo che i primi tempi che sono stato là c'era gente da Predazzo e da Carbonare e il capo era di Fiera di Primiero. Poi a dir la verità c'era un po' un via vai di persone. Mi trovavo bene. Il sabato lavoravamo fino alle 14.00 e poi venivo a casa con la mia automobile. La paga però era misera.
Il ritmo di lavoro era sostenuto e non potevamo fermarci. La teleferica non andava a motore, ma per la forza di gravità delle casse che scendendo piene facevano risalire quelle vuote. Si manovrava con un volante, ce c'erano due, e bisognava avere orecchio e occhio, perchè il volante non doveva fare né un giro in più né uno in meno ma sempre costanti. C'era un cavo portante grosso del diametro di 35 mm dove stavano attaccate le cassette piene, e uno più sottile dove attaccavano le casse una volta vuotate. Le casse stavano appese con dei morsetti che si stringevano grazie al peso stesso della cassa piena. Mentre manovravo dovevo stare attento perchè quando arrivava su in stazione quella vuota, quella piena doveva essere in fondo dove l'operaio la svuotava e la metteva da parte. Se non riusciva a fare questa operazione, avevamo un telefono mi faceva due colpi di campanello che era il segnale di fermare le casse e poi mi dava il via con un colpo solo.
In cima per caricare queste cassette, c'era un dispositivo collegato alla tramoggia che veniva giù da dove mettevano il materiale estratto dalla miniera che si apriva azionando una leva con il braccio. Quindi, andava aperto a mano continuamente per riempire queste casse, ed era pesante. In 10 ore di lavoro si arrivava a riempire anche 150 cassette al giorno. Così a lungo andare ho cominciato ad avere dolore alla spalla destra fino che sono dovuto andare all'ospedale e stare fermo per 80 giorni. Ma a parte questo, mi sono trovato contento del lavoro.
Così una volta guarito ho preferito andare a Lumezzane in provincia di Brescia a fare il saldatore e il tornitore e ci sono rimasto per 30 anni.
Intervista effettuata a Bagolino, il 6 novembre 2014.
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