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Elvio Giacometti

Elvio Giacometti

"In trent’anni non ho mai visto nessuno che si sia licenziato di sua volontà dalla Maffei."

Mi chiamo Elvio Giacometti. Sono nato nel 1954 a Darzo, dove vivo, sono sposato e ho una figlia.
Ho lavorato 30 anni alla Maffei, dal 1979 al 2009, fino a quando ha chiuso, adesso col primo gennaio 2011 vado in pensione.
Ho trovato questo lavoro perché avevo sentito che cercavano operai in ditta, mi sono presentato e dopo un colloquio mi hanno assunto. La mia mansione era quella di mugnaio. Quando ho iniziato nel mio reparto avevano appena automatizzato la produzione con interventi di ammodernamento. Allora gli operai più anziani, prossimi alla pensione, si lamentavano perché non si trovavano con la nuova tecnologia. Infatti prima erano abituati a lavorare in un’altra maniera. Con l’automazione si accendeva tutto l’impianto stando in cabina mentre prima bisognava fare il giro delle macchine.
Per quanto riguarda la mia mansione, mentre prima il mugnaio si occupava solo della macinazione, poi negli ultimi otto-dieci anni dovevo anche fare le verifiche in laboratorio della qualità del materiale. Quando arrivavano i camion con il materiale grezzo io dovevo analizzarne la qualità per decidere in quale silos stoccarlo. Prima non era necessario perché la Maffei lavorava solo feldspato. Poi invece, venendo meno la cava di Giustino, abbiamo cominciato a lavorare il quarzo che veniva da fuori e c’era bisogno di un altro tipo di certificazione con altri parametri.
L’ambiente di lavoro è sempre stato positivo sia con i colleghi e che con i superiori. In trent’anni non ho mai visto nessuno che si sia licenziato di sua volontà dalla Maffei. Dal punto di vista economico, noi credo siamo stati i primi a ricevere la quattordicesima qui nelle ditte della zona. Negli anni Settanta eravamo un passo davanti a tutti gli altri dal punto di vista economico, prendevamo una o due categorie in più di quelli che lavoravano alla Baritina, poi avevamo ottimi straordinari: ad esempio lavorando il sabato noi prendevamo il 50% in più, loro il 27%. Inoltre prendevamo anche il premio di produzione perché rispettavamo sempre gli obiettivi che ci ponevamo all’inizio dell’anno. Poi ultimamente ci siamo allineati agli altri stipendi. Durante i miei anni ho preferito restare alla Maffei piuttosto che cambiare e andare a prendere il posto di mia moglie alla cartiera [Cartiera di Carmignano a Condino]. Dispiace, invece, che abbiano chiuso perché adesso con l’automazione avrebbero potuto far funzionare tutto con dieci persone. Dispiace anche perché era una realtà di qui, del paese e creava molto indotto.
Avrei preferito andare in pensione con la ditta che lavorava ancora perché, adesso che vado in pensione con il primo gennaio 2011, avrei festeggiato con i colleghi in ditta, invece tutto è finito, è finita un’epoca. Quando la Minerali Industriali ha comperato lo stabilimento si è capito subito che le interessavano solo i clienti e le cave. Dopo quattro o cinque mesi si è sentito che volevano vendere la centrale [centralina idroelettrica] che era la nostra ricchezza. Va bene che Darzo non è comodo con le strade, ma almeno la centrale era il nostro fiore all’occhiello perché consentiva all’azienda di abbattere i costi. Non si è capito perché hanno venduto il cuore senza vendere anche il resto, che adesso non lo vuole nessuno.

Mio papà Silvio Giacometti era del 1917 ed è deceduto nel 1999. Ha cominciato a lavorare alla Baritina nel 1946, subito dopo la guerra perché prima era militare e poi ha fatto un anno di prigionia. Ha lavorato come mugnaio fino alla pensione nel 1976. È andato in pensione giovane a 55 anni per problemi di salute. Mi ricordo che mio papà era molto contento del suo lavoro e in ditta si trovava come in famiglia. Devo dirlo perché la ditta lo ha aiutato quando si è ammalato. Infatti il direttore gli ha detto “Pensaci bene prima di smettere di lavorare, perché qua, tanto sano o malato, dalla Baritina non ti manda via nessuno”.

Intervista effettuata nel mese di dicembre del 2010 a Darzo.

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Darzo è un paesino di circa 750 abitanti, frazione di Storo, vicino al Lago di Garda e alle sponde del Lago d'Idro.

Si trova in Valle del Chiese in Trentino, a metà strada tra Brescia e Madonna di Campiglio.

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