"Mi ricordo che quando andavo a trovare mia nonna che era di Condino, le cugine mi dicevano: "Che fortuna che hai tu Dolores là a Darzo, che puoi andare a lavorare, noi qui non abbiamo niente". Infatti fino a che non è arrivata la Sapes nel 1948 qua in zona c'erano solo le tre ditte minerarie."
Sono nata a Darzo nel 1935 e per mia scelta ho sempre abitato qui perché sono sempre stata affezionata al mio paese. Sono sposata con Giancarlo Donati, abbiamo due figli.
Ho iniziato a lavorare come cernitrice per la ditta Maffei a quindici anni e ho lavorato fino a quando mi sono sposata nel 1957. A quel tempo era normale che una volta sposate le ragazze non ritornassero a lavorare in ditta, quindi ti pagavano la liquidazione e le ferie, anche quelle matrimoniali. Era un lavoro duro ma per fortuna che c'era, le alternative erano andare a servire in città oppure a lavorare in campagna con i genitori per chi aveva una mucca, quattro campi e due prati. Il lavoro per le ditte minerarie permetteva di aiutare la famiglia, poi mia mamma mi lasciava qualcosa per farmi il corredo, una volta un lenzuolo, una volta un asciugamano. Con le 46mila lire di liquidazione che mi hanno dato ho potuto pagare il pranzo e il viaggio di nozze a Firenze e Venezia che per quei tempi era un lusso. Il resto l'ho dato in casa perché si usava così. Quando d'inverno ci lasciavano a casa ci dispiaceva e si guardava che arrivasse il mese di febbraio o marzo quando ti riprendevano, in base alla stagione se c'era tanta neve o meno. A me è dispiaciuto smettere di lavorare quando mi sono sposata, io sarei andata ancora, ma allora si usava così non te lo chiedevano neanche. I soldi che si guadagnavano erano pochi ma erano quelli: quando veniva il giorno di prendere la paga era una giornata felice. Io guardavo e c'erano giù i soldi che prima non c’erano. Il lavoro di cernitrice non era difficile, ma bisognava essere svelte per tirare via dal nastro la parte sterile: certi giorni ce n'era poca, ma altri bisognava essere in quattro o cinque e ancora ne scappava, allora veniva il capo e ci riprendeva. Si stava sempre in piedi c'era solo un'asse per appoggiarsi un po'. Si lavorava otto ore con solo dieci minuti per mangiare. Si cominciava alle 4.00 e si lavorava anche al sabato fino alle 20.00 per ricominciare il lunedì alle 4.00.
Mio papà si chiamava Severino Balduzzi e ha lavorato agli inizi quando c'era la ditta Macario prima che aprisse la Maffei. Ma ha lavorato poco dal 1942-44 perché comunque nelle ditte per trovare lavoro ci volevano delle conoscenze: prendevano un po' i raccomandati, i parenti del capo e di chi già lavorava. Dopo che aveva cominciato a lavorare, a causa della guerra la produzione è calata e lo hanno lasciato a casa.
Mio fratello Elvio Balduzzi ha lavorato anche lui per qualche anno per la Maffei come meccanico.
Intervista effettuata a Darzo nell'ottobre del 2010.
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