"Mi ricordo che un giorno è entrato il fratello del dott. Cima ci ha trovate tutte in silenzio. Allora ha detto: “vi faccio portare una radio" e da quel giorno se non avevamo voglia di cantare la ascoltavamo."
Mi chiamo Angela Gelpi. Sono nata a Storo nel 1949 e il soprannome della mia famiglia è “Piccolo”. Sono sposata con Salvatore Moneghini "Smaltù" e abbiamo due figli.
Ho lavorato per la ditta Sigma come cernitrice dal 25 maggio del 1971 al primo luglio del 1976 e poi con la stessa mansione per la ditta Mineraria Baritina dal 22 giugno del 1977 al 31 gennaio del 1984 quando mi sono licenziata per motivi familiari.
Il lavoro di cernitrice era un po' monotono perché si trattava di scegliere i sassi di minerale che passavano su un nastro trasportatore e metterli nella tramoggia. La scelta si faceva in base alla qualità: la extra che era di colore bianco-rosa, la super che bianca, lo sterile era lo scarto e la prima che era grigio-bianca. Ogni cernitrice doveva occuparsi di una tipo di materiale emetterlo in una tramoggia. La qualità più comune era la prima. Eravamo in 7 o 8 ragazze più giovane e poi qualcuna era più anziana. Eravamo organizzate in giornate di lavoro: dalle 8:00 a mezzogiorno dall'una e mezza alle 17,30 capitava raramente che facessimo i turni. Andavo al lavoro in motorino con l'acqua o con il sole e poi nelgi ultimi anni la macchina.
Avevo trovato questo lavoro tramite mio zio che lavorava alle “macchinette” come dicevamo, vale a dire faceva il mugnaio, che andava in pensione la signora Rita Gelmini. Ho chiesto a voce al direttore Casotti se c'era bisogno di una cernitrice e mi hanno subito assunta. In quello stesso anno avrei anche potuto lavorare alla Condel che iniziava proprio quell'anno nello stesso stabilimento e faceva condensatori per i televisori; era della stessa proprietà, ma ho preferito la ditta mineraria perché mi dava maggior sicurezza di stabilità anche se alla Condel la paga era più alta. Infatti poco dopo la Condel ha cessato l'attività e al suo posto è arrivata una ditta che produceva sedie.
Il lavoro di cernitrice, comunque, mi piaceva, perché eravamo una attaccata all'altra e si stava in compagnia, però era duro: mi ricordo che i primi tempi mi facevano male i polsi perché la barite è pesante. Non subito ma ad un certo punto di hanno dato i guanti perché prima si consumavano i polpastrelli e la pelle era sempre rossa. Quelle più anziane prima di me, invece, hanno lavorato senza guanti. Comunque se ne davano pochi e mi sono trovata ancora a lavorare con i guanti bucati perché il sasso taglia. Non avevamo un abbigliamento particolare solo una vestaglia. D'inverno passava dell'acqua calda in alcuni tubi all'altezza delle mani e dei piedi dove ci appoggiavamo per scaldarci. Gli anni precedenti usavano dei bidoni di metallo in cui accendevano il fuoco per scaldarsi. Noi siamo state sicuramente più fortunate.
I rapporti con le colleghe erano buoni; comandavano le operaie più anziane che ogni tanto ci facevano dire la corona. Mi ricordo che un giorno è entrato il fratello del dott. Cima, non mi ricordo come si chiamava, che era il proprietario dello stabilimento e ci ha trovate tutte in silenzio. Allora ha detto: “Vi faccio portare una radio” e dopo qualche giorno abbiamo avuto la radio e quando non avevamo voglia di cantare la ascoltavamo. Quando c'era la quaresima, mi ricordo, trasmettevano le preghiere. Quando lavoravo io non c'era più la consuetudine per cui una volta sposate le donne non potevano più lavorare: ho conosciuto lì mio marito e ci siamo sposati nel 1976, ho avuto la maternità e dopo nel 1984 con due figli ho preferito stare a casa.
La paga era più del doppio di quella che prendevo in un maglificio dove lavoravo prima e il contributo economico del mio lavoro è stato fondamentale per la famiglia avevamo il mutuo da pagare e anche adesso per me che prendo la pensione. La paga erauna delle migliori che c'erano nella nostra zona.
Il capo alla Sigma allora era il “Bèrghem” che veniva da Bergamo e si chiamava Eugenio ma non so il cognome [Quarenghi, NdC]. Era molto severo. Invece alla Baritina il capo era “Mèco”, Domenico Marini che era una persona molto gentile, forse erano anche cambiati i tempi.
Il cambio dalla Sigma alla Mineraria Baritina non ha significato molto per il lavoro in sé; il luogo di lavoro era migliore alla Sigma perché avevamo una grande vetrata da dove vedevamo il paesaggio e c'era molta luce, mentre alla Baritina il locale dove stavamo con le spalle alle finestre ed eravamo nella stessa stanza delle “macchinette” quindi era molto più rumoroso.
Il bello di questo lavoro sono stati i rapporti umani perché anche adesso mi vedo con le amiche che erano a lavorare con me in quegli anni: la Carla Tonini, la Rosa Zocchi e la Marilena Marini. Poi alla Mineraria c'erano due sorelle da Darzo, le Romele, che sono decedute. Poi alla Sigma l'Ivana Marini e la Viola Gelmini e la Leonora da Caffaro che aveva una bella voce. Poi due signore adesso decedute: la Maria Gelpi e l'Anna di cui non ricordo il cognome perché lì ci chiamavamo solo per nome.
Della mia famiglia ha lavorato per le ditte minerarie mio zio, Pasi Basilio come mugnaio e alle “macchinette” per la ditta Sigma e poi per la Mineraria Baritina. In realtà come tutti allo stabilimento faceva il lavoro che serviva e si girava tra le diverse mansioni a seconda del bisogno. Era nato nel 1924 ed è deceduto nel 2011. So che ha lavorato per più di 30 anni.
Intervista effettuata a Storo il 12 aprile 2014.
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